Mercoledì delle S. Ceneri: 17.2.2021
Omelia di don Gianfranco
Questa celebrazione eucaristica apre, per la nostra comunità, il Tempo Forte e Sacro della Quaresima. In ciascuno di noi, qui riuniti, è presente certamente una reazione, una volontà di viverla nel modo migliore possibile. È fondamentale che la nostra reazione si confronti con l’invito che la Chiesa ci rivolge, e, soprattutto, con la Parola del Signore, che abbiamo sentito proclamare. La Chiesa pensa alla Quaresima come Tempo Forte che intende prepararci alla degna celebrazione della Pasqua. E innanzitutto la Chiesa pensa a coloro che nella Pasqua diventeranno pienamente suoi figli, i catecumeni. Noi ci uniamo alla Chiesa, pregando per queste persone, che pienamente diverranno nostri fratelli e sorelle. Ma la Quaresima è Tempo anche per noi. Per prepararci alla Pasqua, per rivivere, risvegliare e attingere le energie che il Battesimo ha messo in noi e che forse sono un po’ annacquate. Per rafforzare in noi le virtù cristiane della fede, della speranza e della carità. A questo punto è naturale per noi sentire risuonare la duplice esortazione che nella Liturgia ci viene rivolta: ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai; convertitevi e credete al Vangelo. La prima esortazione è un invito a prendere in mano la nostra debolezza e sentiamo quanto sia importante che non abbiamo a dimenticarla: un esercizio di umiltà, che ci fa bene, che ci permette di agire sempre nei limiti di una fragilità, che ci rende capaci di rivolgerci al Signore al momento opportuno. È una esortazione che non solo ci ricorda che siamo fragili, ma che, istigati da Satana, noi immagine e somiglianza di Dio, abbiamo preteso imporre a Dio una nostra immagine e somiglianza, che ci ha portati a diventare nemici di Dio. E’ quanto sentiamo risuonare nell’esortazione a convertirci e credere al vangelo, dove troviamo Gesù, il Figlio di Dio, che ci offre la vera immagine e somiglianza con Dio, alla quale pure noi dobbiamo ritornare. L’esortazione trova una particolare risonanza nella prima e nella seconda lettura. Tempi che anticipano la pandemia che percorre le nostre strade quelli in cui vive il profeta Gioele. La carestia impera nella terra santa e mette in pericolo la vita di tanti, di troppe persone. Cosa fare? Il Profeta in un invito alla preghiera chiede di saper chinare il capo e invocare misericordia. Sono tutte le categorie di persone presenti in Israele che deve sentire la responsabilità di quanto succede e sia disposta a chinare il capo per chiedere a Dio misericordia. In Gesù la misericordia assume un volto e un nome preciso: l’amore del Padre che si fa misericordia si è incarnato e concretizzato nel Figlio suo, fattosi nostro fratello in Maria Vergine. È l’apostolo Paolo che ce lo ricorda, invitandoci: lasciatevi riconciliare con Dio.
Una riconciliazione che nelle parole di Gesù del brano di Vangelo si concretizza in un modo nuovo, nella realizzazione di un compimento di quanto l’ebreo, ogni fedele è solito compiere: nel silenzio, in cui solo il Padre entra per vedere e dare la ricompensa, il fedele, ciascuno di noi, viva la carità, attenzione all’altro, la preghiera, sguardo verso l’alto, il digiuno, consapevolezza del proprio limite.
Chiaramente a questo punto ciascuno è chiamato a interrogarsi su cosa tutto questo lo interpella. E uno veramente non può mancare di scoprire quanto sia fondamentale che riprenda in mano e viva il suo essere cristiano e concretizza il suo essere cristiano, mediante la fede, la speranza e la carità.
È la grazia che vorremo chiedere al Signore, accogliendo il gesto della imposizione delle s. Ceneri, ma soprattutto aprendo il nostro cuore, perché ne sia superata ogni durezza.